Perchè valutare il livello di rischio sta diventando così importante anche nelle PMI ?

L’ importanza della valutazione del rischio nelle PMI parte dal presupposto che le PMI, in quanto tessuto produttivo portante del nostro paese, stanno attraversando un “ciclone di rinnovamenti” piuttosto importante e senza precedenti, frutto delle nuove dinamiche di rapporto con il mercato. Ad esempio la comunicazione è diventata più dinamica, imprevedibili  e vulnerabile con un’ altissima probabilità di incorrere in danni di immagine inaspettati . Nel mondo del credito i cambiamenti strutturali come il passaggio da Basilea II a Basilea III,  hanno costretto gli istituti stessi erogatori di finanziamenti, a rivedere i propri sistemi (rating) di valutazione delle aziende (risk profile) interrogandosi sulla loro capacità di garantire la business continuity.

Di conseguenza sempre più le PMI potranno accedere al credito, a patto che siano in grado di dimostrare di saper effettuare una valutazione dei rischi del mercato di riferimento e dei rischi strutturali dell’impresa, e di dotarsi dei mezzi per potervi far fronte.

Le tipologie di rischio possono essere di diversa natura:

– rischi esterni quali i rischi di settore di appartenenza, dei mercati di vendita e di approvvigionamento, la struttura del capitale sociale, il contesto economico mondiale.

– rischi interni che riguardano quelli legati ai cambiamenti socio-economici nazionali ed internazionali, i cambiamenti nelle leggi e nel sistema giuridico, i rischi legati ai competitor.

– rischi finanziari, quelli che riguardano i capitali circolanti e agli investimenti finanziari, i rischi strategici, legati alla visione nel lungo periodo

– i rischi gestionali che riguardano i cambiamenti dei processi e la tecnologia produttiva.

Esistono poi tutta una serie di rischi che correlano dinamiche interne ed esterne , come quelli di sicurezza informatica legati alla circolazione dei dati sensibili e alle frodi informatiche, i rischi di immagine, legati alla reputazione del brand e al consenso pubblico dell’impresa , i rischi di conformità, che derivano da obblighi contrattuali e dal rispetto delle normative vigenti, i rischi ambientali legati all’innovazione e a particolari regolamentazioni in determinati settori ecc. Tali variabili di rischio rappresentano elementi di rilievo per la banca, oltre che per l’azienda stessa, e anche su di esse viene focalizza l’attenzione per l’attribuzione del merito creditizio.

La valutazione effettiva di tali rischi si rende dunque necessaria, non solo per il miglioramento del rating, ma per la misurazione del valore che genera la crescita di capitale e delle attività. La definizione di attività che generino valore, l’identificazione dei rischi che possono presentarsi nella gestione di tali attività, la modalità di gestione del rischio, permettono una visione allargata delle minacce e delle opportunità che si presentano sotto il profilo reddituale, sociale e competitivo. Le aziende che percepiscono tali attività come un vantaggio competitivo , dovranno impegnarsi in una “dimostrazione di lungimiranza” , affidandosi ad una funzione di risk management.

Il grado di maturità del business si misura sul livello di gestione del rischio, ciò significa che il rischio e la sua valutazione non possono più essere letti in termini di variabili soggettive, sarebbe come affermare “nella mia azienda non è mai successo…”, atteggiamento forse più tipico nelle PMI che tendono a dare un taglio molto pratico alla valutazione delle attività da svolgere. Il vero sforzo in termini di integrazione culturale, deve venire dalle considerazioni di variabili oggettive come il contesto in cui si collocano le aziende e i soggetti che interagiscono con essi.

La valutazione del rischio si basa sulle fasi di

– Identificazione;

– Gestione del rischio: individuazione, valutazione, monitoraggio e controllo, mitigazione;

– Valutazione (Assessment);

– Mitigazione e controllo ,

Dunque apparentemente semplice, tanto quanto facile da sottostimare se non si hanno le giuste conoscenze frutto dell’esperienza e della visione sistemica del contesto. Una figura come quella del Risk Manager, della quale abbiamo già parlato nell’articolo “Risk manager o manager consultant”  potrebbe essere il ponte fra conoscenza del contesto esterno e delle dinamiche interne collegate alle cause indirette di rischio. Non si deve mai inoltre pensare di poter sottostimare il rischio, l’errore comune è quello di ad esempio stimare il rischio operativo e di “liquidarlo” con una forma assicurativa standardizzata per il settore in cui opera l’azienda, tralasciando tutti quelli che sono i rischi esterni e le varie dinamiche di rischio combinate.

Dall’ultimo “Osservatorio Cineas- Mediobanca”, condotto su 280 medie imprese con un fatturato medio di 60 milioni di euro, si stima un incremento di redditività di circa il 38% in quelle realtà che hanno adottato un sistema di valutazione e gestione del rischio; emerge che i rischi maggiormente percepiti sono quelli di carattere strettamente operativo e legati agli obblighi normativi, e in seconda battuta troviamo il tema del cyber risk e del rischio reputazionale, quest’ultimo in crescita di interesse. Per circa il 37% delle stesse aziende, non viene prevista alcuna funzione di risk management al loro interno, e circa la metà di queste non ne prevede l’implementazione nel prossimo futuro. Viene manifestata però la volontà di investire in formazione e corsi di aggiornamento su questi temi. Per il report completo VAI QUI

FONTI:

www.fondazioneadrianolivetti.it/PDF

www.unimib.it/upload/ga/gandiniita22009.pdf

www.cineas.it/index.php?pag=688

www.aecunderwriting.it